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Cosa fa il caregiver?
Si parla sempre più della figura del caregiver, molto diffusa in Italia, ma cosa fa esattamente? Qual è la sua giornata a contatto col familiare malato?

Racconti in prima linea: cosa fa un caregiver
Caregiver è un termine che deriva dall’inglese e indica “colui o colei che si prende cura di”, cioé chi si assume l’assistenza di una persona malata o con una disabilità.
Si tratta di un ruolo che non fa scalpore, ma importante per chi ha perso o non ha mai potuto sviluppare appieno la propria indipendenza e autonomia.
La ricchezza che fornisce un caregiver nel suo agire comprende atti assistenziali che possono variare da una sorveglianza semplice come presenza, controllo e prevenzione finì all’assistenza diretta e concreta nella vita di tutti giorni.
Infatti il soggetto a cui viene prestata assistenza non è autosufficiente per malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, o è riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata, oppure è titolare di un’indennità di accompagnamento.
La vita del caregiver è diversa dalle altre ed è diversa dalla sua stessa vita prima di diventare caregiver.
Poco importa se avviene gradualmente, prendendosi cura di un genitore che sta invecchiando o di un proprio caro con una malattia degenerativa, oppure improvvisamente, a causa di un grave incidente oppure un ictus o una patologia improvvisa che lasciano il familiare con un’invalidità; in ogni caso il caregiver si troverà a fronteggiare fatiche e difficoltà emotive immerso in una realtà complessa, carica di responsabilità.
Il caregiver deve imparare manovre assistenziali (dall’imboccare all’aiutare con le funzioni fisiologiche), le funzioni e posologie dei diversi farmaci.
Per le disabilità più gravi, inoltre, le manovre assistenziali, come la vestizione e tutti gli spostamenti (tra letto, carrozzina, sanitari, ecc.) richiedono il parziale o completo sollevamento della persona, per più volte al giorno, spesso dovendo richiedere anche un aiuto esterno a persone competenti come gli operatori socio-sanitari.
Sono coinvolte energie fisiche, ma anche mentali ed emotive: pensieri e attenzioni costanti da dedicare, un affetto che rischia di diventare un vincolo, il prendersi cura di una vita che richiede di mettere da parte la propria.
Infatti, con le energie, se ne va anche il tempo del caregiver, dovendo sacrificare le proprie libertà, i momenti per se e quelli per coltivare la propria rete sociale.
Spesso accade anche che la cura e la tutela dei diritti della persona con disabilità porti il caregiver famigliare ad autolimitarsi o a rinunciare ai suoi diritti per il bene del suo caro.
Il caregiver è anche la persona che accompagna il proprio caro ai vari appuntamenti con i diversi specialisti, tra cui medici o professionisti per le riabilitazioni, assistenti sociali per avere aiuti, psicologi per il supporto emotivo; quando invece non è possibile accompagnare il proprio familiare, perché la sua condizione non lo permette, è la persona che organizza e coordina operatori e programmi per l’assistenza al domicilio.
Intervista a…caregiver
Ecco alcune testimonianze e racconti diretti di alcuni caregiver, attraverso queste interviste possiamo avvertire più concretamente la fatica e le difficoltà con cui ogni caregiver deve fare i conti.
Per L.C., moglie e madre caregiver: “la disabilità è l’impossibilità di avere una vita normale all’interno di una società che prevede un certo standard fisico. Penso che la disabilità mette le persone di fronte a barriere che non sono solo di tipo architettonico […] Si, la disabilità è essere tagliati fuori. Molto male perché […] penso che molti di quelli che consideriamo disabili abbiano un sacco da dare se li si mette in condizioni di dare, ecco, quindi la disabilità è un limite imposto dall’esterno. […] È difficile, [la vita con una persona con disabilità] è piena di complicazioni che gli altri spesso non capiscono perché non le vivono: […] quindi ti rimangono di fianco persone che o hanno avuto un’esperienza analoga o sono veramente delle menti eccelse e dei cuori puri. La nostra, la mia vita, la nostra vita è difficile. Dico la nostra perché la mia vita dipende dalla sua, quindi in realtà è la nostra”.
Per G. C., Madre e Caregiver: “La vita di un caregiver (se è come la mia) è carcere a vita. Mai una pausa, una passeggiata in solitaria la sera, un giorno da soli. Io con mia figlia mi diverto anche molto, parliamo sempre e abbiamo complicità, ma la difficoltà di trovare un sostituto e i costi annessi non ci permettono di separarci, e più il tempo passa meno speranze hai di trovare quello di cui hai bisogno, e il pensiero della vecchiaia e della morte ti divorano l’anima”.
Per V. R., Sorella di Persona con Disabilità, “La disabilità per come ho avuto modo di viverla sulla mia pelle è una SITUAZIONE: diventa un contesto famigliare in cui tutti i membri della famiglia sono coinvolti e non solo la persona con le specifiche limitazioni. La disabilità implica una sofferenza condivisa da tutta la famiglia, a causa degli iniziali sentimenti di vergogna, senso di solitudine ed emarginazione rispetto alle “normali” famiglie, che solitamente non sanno come comportarsi e quindi o incorrono nel pietismo o preferiscono far finta di non vedere e tenersi alla larga. […] Spesso in passato per me vivere questa vita è stato molto pesante: pesante a livello emotivo perché ti senti in qualche modo condannato a vivere una vita con ritmi e routine stravolte. Non si può pensare di improvvisare una giornata al mare, bisogna sempre programmare tutto con anticipo, portare via sempre più cose del necessario per eventuali emergenze, e spesso capita/va che anche organizzandosi preventivamente si fosse costretti il giorno stesso a disdire tutto, per un lieve malessere del fratello/sorella con disabilità. Invitare amici a casa non è così semplice e non può essere un impulso spontaneo”.
Caregiver aninimo. “[Il futuro non lo vedo] Per niente roseo, detta onestamente: sto osservando i miei genitori logorarsi per la fatica fisica e mentale nella gestione di mia sorella. Si percepisce da parte del mondo esterno una grande incomprensione di questa realtà, che è estremamente faticosa e gravosa: non c’è un solo giorno che si definisca di vacanza per i miei genitori, mai un giorno in cui si possano permettere di stare a letto a dormire quanto vogliano, o che possano decidere di uscire una sera senza dover mobilitarsi per trovare qualcuno disponibile per badare a mia sorella per quelle poche ore. In una situazione come questa risulta logico quanto scontato che siano i fratelli di questi ragazzi a prendersi tale impegno. Certamente è una cosa che si fa volentieri e per amore ma resta pur sempre molto vincolante. Se io quella stessa sera avessi un programma o un’altra idea dovrei rinunciare. Ovviamente questo pensiero che può essere occasionale nella presenza dei genitori, diventa invece una proiezione spaventosa se si pensa al futuro quando questi saranno troppo anziani o verranno a mancare. Cosa fare a quel punto? chiudere la propria sorella in un istituto? la sola idea di lasciarla sola, senza i suoi affetti risulta crudele e impensabile, ma dall’altro lato spaventa molto l’ipotesi di dover assumersi questa responsabilità per tutta la vita. La sensazione che la mia vita non potrà mai di fatto essere del tutto nelle mie mani, libera da pressioni e aspettative come io vorrei. Non sono ancora giunta ad una conclusione sul come mi vedrò in futuro. Spero che le cose vadano in un modo favorevole sia per me che per la mia famiglia, ma sono consapevole che perché accada questo è necessario che una terza forza in gioco subentri in aiuto”.
Quando chiedere aiuto
La vita del caregiver, come dimostrato da alcune testimonianze e racconti, può risultare molto totalizzante sia fisicamente, per i molti impegni quotidiani che un caregiver deve adempiere per il soggetto ammalato, sia psicologicamente, perché la situazione ha un impatto importante sull’equilibrio psicologico, in quanto non solo le mansioni svolte potrebbero essere fonti di stress, ma viene proprio sconvolta l’organizzazione della giornata, si cambia modo di vivere e spesso anche le proprie libertà si riducono.
Molti caregivers si trovano da un momento all’altro a dover assistere i propri cari con una grossa mole di ore di assistenza giornaliera e questo nel tempo può portare ad affaticamento psicologico, stress che si riflettono sulla salute del proprio organismo; in aggiunta viene colpita anche la sfera emotiva e le cerchie sociali del caregiver possono assottigliarsi.
Ogni caregiver familiare può chiedere aiuto introducendo, nella gestione della persona non autosufficiente, un caregiver professionista che possa svolgere alcune mansioni oppure può far ricorso a un operatore socio-sanitario per i compiti più complessi ( igiene della persona, vestizione, sollevamento della persona dalla posizione allettata a quella seduta); risulta quindi importante per ogni caregiver pensare anche alla propria salute e cercare di non trascurarla.
Questioni di leggi
Il profilo del caregiver è stato riconosciuto e delineato normativamente per la prima volta dalla legge di bilancio 2018, che lo definisce come persona che assiste e si prende cura di un soggetto come il coniuge o una delle parti dell’unione civile, oppure di un familiare o affine entro il secondo grado e anche un familiare entro il terzo grado, che a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, ovvero gli sia riconosciuto un grado di invalidità o sia titolare di indennità di accompagnamento.
La legge di bilancio 2021 ha disposto, la costituzione del Fondo per gli interventi legislativi di valorizzazione dell’attività di cura non professionale del caregiver, diretto alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico delle attività di cura a carattere non professionale del caregiver familiare, con una dotazione nel triennio di programmazione 2021-2023 pari a 30 milioni di euro per ciascun anno del triennio.
Attualmente l’ordinamento non prevede benefici normativi previdenziali per la figura del caregiver. I contributi figurativi sono quei contributi non versati né dal datore di lavoro né dal lavoratore, ma accreditati gratuitamente dall’INPS, per periodi in cui si è verificata una interruzione o una riduzione dell’attività lavorativa con conseguente assenza del versamento dei contributi obbligatori da parte del datore di lavoro.
Il riconoscimento della contribuzione figurativa per i periodi di lavoro di assistenza e cura svolto in qualità di caregiver può riguardare: solo i caregiver non lavoratori (come i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e autonomi che non abbiano ancora maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia), sia i caregiver non lavoratori sia lavoratori.
In alcune proposte la contribuzione previdenziale riconosciuta al caregiver è equiparata a quella del lavoro domestico, dove i contributi sono determinati sulla base dell’orario di lavoro settimanale del lavoratore e della retribuzione effettiva oraria erogata.
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