Giornalismo, comunicazione e divulgazione in ambito medico
Diritto di cronaca e libertà di espressione: come mediarli nel giornalismo medico-scientifico?
Ha senso riportare sempre le opinioni di tutti, su tutto?
Dipende.
Esistono dei limiti nella nostra professione che non dovremmo mai travalicare?
Sì.
E’ giusto mettere sullo stesso piano medici e anti-vax in un dibattito pubblico?
No.
Il diritto di cronaca e la libertà di espressione sono diritti assoluti?
No.
Ha senso intervistare chi non crede nella scienza?
Sì.
Il giornalismo non deve zittire. Deve semmai essere in grado di selezionare in modo etico le notizie di cui occuparsi, di scegliere in modo corretto e competente gli interlocutori da intervistare e, in ultima istanza, deve essere in grado
di fare sintesi costruttive anche tra posizioni contrapposte.
Ma in ogni caso, il diritto di cronaca e la libertà di espressione non possono essere visti come diritti assoluti.
Diritto di cronaca e libertà di espressione, di cosa stiamo parlando
Prima di addentrarci nel cuore del problema, facciamo un piccolo ripasso.
Il diritto di cronaca discende dall’art. 21 della Costituzione e si può desumere dall’art. 2 della legge n. 69/1963 (“Ordinamento della professione di giornalista”):
«È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti,
osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori»
Il diritto a manifestare il proprio pensiero, un pilastro delle libertà individuali, riconosciuto dalla Costituzione italiana all’art. 21:
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
E dalla Dichiarazione universale dei diritti umani all’art. 19.
Non sono diritti assoluti.
La mia libertà di espressione finisce nel momento in cui diffamo (art. 595 del codice penale italiano.). L’articolo 51 del Codice penale italiano, se da una parte rileva il diritto di cronaca tra le cause di esclusione dell’imputabilità (che riguardano anche il diritto di critica politica e il diritto di satira), dall’altra, ne ammette alcune eccezioni in cui invece l’impunibilità decade:
• diffondere notizie «false, esagerate o tendenziose»
• diffondere atti d’indagine coperti da segreto, o alcuni atti particolari in determinate fasi processuali
• diffondere le generalità dei minorenni coinvolti in un processo
Sulle notizie “esagerate” e “tendenziose” potremmo aprirci altri dibattiti, più che altro perché questi concetti andrebbero meglio definiti e resi misurabili (che cosa è esagerato o tendenzioso?).
Dove sono i limiti
Quando questi due diritti si utilizzano in modo assoluto, e soprattutto su temi divisivi, diventano problematici.
Esempio: si intervistano antivaccinisti insieme a medici sul tema dell’efficacia dei vaccini, come se le due posizioni fossero entrambe legittime, poco importa se il vaccino ha fatto la differenza in questa pandemia e poco importa se delle due, solo una delle parti è davvero competente in materia.
La cosa importante è far emergere tutte le voci (diritto di cronaca) perché tutti, dall’esperto virologo al filosofo, hanno diritto di esprimersi pubblicamente su qualsiasi argomento (libertà di espressione).
Ma quando il diritto di cronaca e la libertà di espressione rischiano di ledere altri diritti, come la sicurezza personale o della collettività, quale diritto emerge sugli altri?
Come ci ricorda infatti il comma 3 dell’art. 19 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e politici, la libertà di espressione non è un diritto assoluto, ma può essere limitata in casi specifici, previsti dalla legge e solo per determinati obbiettivi:
• Per il rispetto dei diritti o della reputazione altrui;
• Per la protezione della sicurezza nazionale o dell’ordine pubblico o della salute pubblica o della morale.
Con l’avvento dei vaccini, gli anti-scienza si sono fatti sentire ancora di più, e le fila di questi negazionisti dei fatti e dei numeri sono state alimentate, purtroppo, anche da chi la scienza dovrebbe comprenderla, come alcuni
(fortunatamente, pochi) medici e virologi che si sono spinti a minimizzare la virulenza della malattia o a negare l’efficacia dei vaccini.
Quando il dubbio, dal salotto degli scienziati, dove è legittimo e sacrosanto, si sposta a quello della popolazione generale, digiuna di come funzioni il metodo scientifico e particolarmente esigente di certezze quando si parla di salute, senza un’efficace intermediazione e alfabetizzazione sanitaria, il cortocircuito è inevitabile e l’idea che si fanno le persone è la seguente: se neanche gli scienziati sono sicuri di come funziona questo virus, come possono pretendere che noi comuni
mortali crediamo a tutto quello che ci dicono?
Queste manifestazioni del pensiero così discordanti, poco mediate (o per nulla) dagli operatori della
comunicazione, hanno fatto danni, hanno rallentato le campagne di vaccinazione, hanno diffuso dubbi e paure tra i genitori che ancora oggi non sanno se vaccinare i figli e quelli che lo hanno fatto, nella maggior parte dei casi, sperano di aver fatto la cosa giusta. Non tutti quelli che si sono vaccinati lo hanno fatto perché convinti.
Si può scegliere di non intervistare chi è contro la scienza?
Esiste un livello di informazione e di diritto alla manifestazione al proprio pensiero, superato il quale l’informazione diventa pericolosa per la salute e l’incolumità pubblica?
Non esiste un reato di diffamazione della scienza: finché le critiche provengono dalla comunità scientifica e sono discusse fra pari, va bene. La scienza funziona anche così.
Quando invece a mettere in dubbio la scienza sono persone che in merito non hanno nessuna competenza, ma spesso hanno l’intenzione di minare l’autorità di chi invece dovrebbe averla su questi temi, e quando i media si prestano a questo gioco, si generano mostri.
Se il diritto di cronaca non riesce a mediare il diritto di esprimersi, abbiamo un problema
Le posizioni estreme non convincono: non ci si può giustificare dietro un assoluto diritto di cronaca per sventolare il microfono davanti a chiunque abbia qualsiasi cosa da dire su qualsiasi tema; dall’altra parte, non si può negare in assoluto di dire la propria opinione a chi voglia esprimerla, seppur contraria alla scienza.
E quindi, che facciamo con gli antivaccinisti?
Qualche collega ha preso una posizione forte, come Enrico Mentana che si è detto onorato di non averli mai ospitati,
perché mettere a confronto un medico con uno stregone non ha senso.
Ma chi esprime un’opinione, non è solo la sua opinione
È una persona che in altri ambiti può essere invece ragionevole, oppure ha assunto posizioni “assurde” perché è stato male informato a sua volta, perché non ha una cultura sufficiente, perché ha semplicemente paura e quando abbiamo paura, crediamo alle cose che quella paura ce la tolgono, creiamo capri espiatori dal nulla, preferiamo pensare a un virus
nato in laboratorio per preciso volere di un certo paese, piuttosto che credere che l’infezione sia frutto di una zoonosi, o che sia un incidente di laboratorio non voluto da nessuno.
Ci sono delle ragioni per cui le persone esprimono le loro opinioni.
Se ci fermiamo alle opinioni, e non indaghiamo le ragioni, noi come media facciamo il lavoro a metà
Se si vuole fare bene il giornalista in ambito medico, bisogna capire perchè accadono le cose e mettere da parte i bias personali.
I dubbi che esprimono gli anti vax alle volte son pure fake news (legami con autismo, effetti indesiderati a lungo termine sui bambini) altre volte non erano così campati per aria:
- Perché il vaccino Astrazeneca non lo iniettano più in Italia se EMA dice che è sicuro?
- Perché imporre l’obbligo vaccinale agli over 50 e non al resto della popolazione se la cosa importante, oltre che proteggere i fragili, è anche quella di non far circolare il virus?
- Perché dovrei vaccinarmi se lo stato di emergenza è finito?
Tutti dubbi legittimi che con un po’ di spiegazioni vengono sciolti.
Ho discusso con diversi genitori che non volevano vaccinare i loro bambini:
No, si era seduto ogni sabato mattina nella piazza del suo paese, con un banchetto e un pc per rispondere a tutte le domande sulla vaccinazione e aiutare le persone a prenotare l’appuntamento.
Vogliamo solo essere quelli che riuniscono in una stanza galli e galline, senza un minimo di capacità di sintesi e di argomentazione, vogliamo far parlare solo le galline o vogliamo condurre in modo competente ed etico l’informazione?
Perché ha ragione Mentana, mettere sullo stesso piano medici e stregoni non ha senso.
Ma chi sono gli stregoni?
Sono dei mostri assetati di vendetta contro la scienza, o sono persone che hanno paura, perché la non conoscenza, spaventa?
La soluzione è saper condurre, saper fare sintesi delle posizioni, indagare i motivi dietro le dichiarazioni.
Non ho mai sentito un collega chiedere a un no vax che tipo di soluzioni avrebbe proposto al posto dei vaccini.
Non ho mai sentito chiedere a un no vax perché non crede nella scienza o perché ha smesso di crederci a partire da febbraio 2020.
Ho solo visto contrapporre le posizioni, e più erano lontane, più venivano contrapposte, per il solo beneficio dell’audience.
Ho visto fare la stessa domanda (allora, questi vaccini stanno funzionando?) a medici, filosofi e politici. Quando quella domanda andrebbe fatta solo a medici e scienziati.

Che domande si dovrebbero fare?
Ai filosofi posso chiedere perché manca la fiducia nella scienza, ma della loro opinione personale sui vaccini a me, come media, non importa. Se me ne vuole parlare al bar, benissimo. A riflettori accesi, mi deve parlare di filosofia.
Al politico chiedo le politiche sanitarie da mettere in atto per le vaccinazioni o per contenere i contagi, non chiedo se il vaccino è efficace, non è una competenza che questa figura può esprimere.
Al medico o virologo che non crede nei vaccini o nella scienza chiederò il perché, cercando di argomentare insieme ad altri medici che hanno posizioni differenti.
Al singolo cittadino a favore o contro il vaccino chiederò certamente la sua opinione, ma non contrapporrò le posizioni di un comune cittadino a quelle di un medico.
Tutto questo lo devo fare nell’interesse di chi mi legge o mi ascolta e non a beneficio della polarizzazione che aumenta gli ascolti.
Per questo gli interlocutori vanno selezionati prima, scegliendo persone che abbiano a cuore un dibattito serio e dai toni corretti e lasciando galli e galline fuori.
Si possono scattare diverse fotografie, raccontare diversi scenari di un fenomeno, dando il giusto spazio, il giusto tempo e la corretta interlocuzione a tutti i partecipanti, permettendo a ognuno, nella giusta inquadratura, di formulare il proprio pensiero.
Il dovere di un giornalista è quello di diffondere notizie chiare, utilizzando fonti autorevoli e che aiutino i lettori o ascoltatori a comprendere al meglio i fenomeni.
Chiedere a Cacciari perché è contro i vaccini o domandare al Governatore di una regione se la pandemia è finita, non aiuta
in questo percorso. Così come non ha senso chiedere a un medico cosa ne pensa del green pass o della DAD.
E questo non perché non siano legittimati a dire la loro, ma perché la loro opinione, in un ambito in cui non sono competenti, è solo personale.
E le opinioni personali, quando si parla di salute, dovrebbero rimanere fuori dal racconto giornalistico.

Angelica Giambelluca
Sono giornalista professionista dal 2009. Ho scritto e scrivo articoli in ambito medico e sanitario per diverse testate italiane, tra cui Fondazione Veronesi, Corriere Salute, AboutPharma, Medici Oggi e Policy and Procurement in Healthcare. Faccio parte del comitato scientifico della rivista Medici Oggi, edita da Springer Healthcare Italia. Per diversi anni sono stata direttrice comunicazione di cliniche private e questo mi ha permesso di affinare la mia esperienza anche nella comunicazione delle realtà private che operano nell'ambito sanitario. Mi occupo di comunicazione per aziende, professionisti sanitari e associazioni di pazienti. Conduco live sui principali temi legati alla sanità e ho realizzato il podcast “PostSanità” nell’ambito del diritto sanitario e della comunicazione. Sono intervenuta come relatrice a diversi corsi sulla comunicazione in ambito medico, destinata a medici e professionisti sanitari. Sono la fondatrice di MEDORA Magazine e la direttrice responsabile della testata PERSONE, OLTRE LA MALATTIA. www.angelicagiambelluca.com