Giornalismo, comunicazione e divulgazione in ambito medico
Divulgazione medico-scientifica
Se in un cataclisma andasse distrutta tutta la conoscenza scientifica, e soltanto una frase potesse essere trasmessa alle generazioni successive, quale affermazione conterrebbe la massima quantità di informazioni nel numero minimo di parole?
Io credo che sarebbe l’ipotesi atomica (o dato di fatto atomico, o comunque vogliamo chiamarlo) secondo cui tutte le cose sono fatte di atomi, piccole particelle che si agitano con un moto perpetuo, attraendosi quando sono un po’ distanti una dall’altra, ma respingendosi quando sono schiacciate una contro l’altra. In questa singola frase c’è un’enorme quantità di informazione sul mondo che ci circonda, se soltanto ci si riflette sopra con un po’ di immaginazione
Che modo poetico ed efficace di spigare l’ipotesi atomica, vero?
Questa è un esempio la divulgazione scientifica.
La frase che ho riportato è stata estrapolata dal libro di Richard P. Feynman , scienziato e divulgatore statunitense, intitolato Sei pezzi Facili (Adelphi).
Divulgare, dal latino divulgare (di(s) e vulgare) significa «diffondere tra il volgo». Rendere noto a tutti. Come definisce la Treccani, “rendere accessibili a un più vasto pubblico, per mezzo di un’esposizione semplice e piana, nozioni scientifiche e tecniche”.
Non solo rendere noto, ma anche spiegare, incuriosire, aggiornare le persone sulla ricerca scientifica e clinica, su come procede la scienza, su come funziona la ricerca. Non limitarsi solo a divulgare i risultati, ma godersi e spiegare il viaggio che si è fatto per ottenerli.
Si può divulgare in modi diversi, tenendo però sempre fede a un principio: cultura e competenza non sono la stessa cosa. Avere una laurea non ci rende in automatico capaci di interpretare qualsiasi testo tecnico. Un avvocato potrebbe avere difficoltà a comprendere un articolo scientifico, così come un medico potrebbe avere difficoltà a capire un testo giuridico. Dare per scontato che l’interlocutore sappia di cosa stiamo parlando è il primo errore, e questo vale per qualsiasi livello di comunicazione, anche per il giornalismo.
Divulgare significa anche comunicare al livello dell’interlocutore a cui è destinata la mia divulgazione:
- se devo scrivere per un pubblico generale, adotterò il linguaggio più semplice possibile;
- se devo scrivere per i miei colleghi, che si occupano delle stesse materia, potrò usare più tecnicismi;
- se devo scrivere per colleghi specializzati in altri ambiti, potrò usare termini tecnici in misura minore, prediligendo dove possibile il linguaggio semplice, che è sempre la scelta migliore (e la più faticosa.
Divulgare significa partire dal contesto generale e poi scendere nei particolari, non fare il contrario.
Divulgare significa trasmettere il proprio sapere agli altri, nel modo più semplice per l’interlocutore. Un linguaggio troppo tecnico non è mai segno di ottima divulgazione. La vera sfida è semmai rendere concetti semplici con un linguaggio accessibile, semplice, non banale, capace di usare metafore, esempi, aneddoti, che sappia raccontare storie, narrazioni coinvolgenti, che sappia suscitare emozioni.
Senza abbandonare l’etica e il metodo scientifico, pilastri della divulgazione.
Possiamo supportarvi per:
- Impostazione attività di divulgazione (per chi non sa da dove cominciare)
- Editing e ghostwriting di saggi, libri e altri materiali editoriali
- Content Management per siti e blog destinati alla divulgazione medico-scientifica
- piani editoriali e strategie socia