Giornalismo, comunicazione e divulgazione in ambito medico
Le fake news nell’ambito della salute sono più subdole
Nell’ambito medico la disinformazione e le fake news, può non limitarsi solo a condividere notizie chiaramente false, ma anche a diffondere notizie vere in modo scorretto, ottenendo comunque lo stesso risultato: confondere le persone. Scambiare l’associazione per causalità o pubblicare come definitivo uno studio ancora in preprint, possono essere deleteri tanto quanto le “classiche” fake news.
Un articolo medico o scientifico potrebbe essere formalemente corretto dal punto di vista dei fatti, ma essere completamente irrilevante dal punto di vista dell’importanza e dell’utilità della notizia per i lettori. E scoprire queste notizie vere ma riportate in modo scorretto non è certo un compito che può essere lasciato solo a chi si occupa di verifica dei fatti (fact checking): ogni giornalista o divulgatore deve essere in grado di capire da solo se si trova di fronte a una notizia riportata correttamente. Factcheck.org è una delle principali organizzazioni di debunking (smascheramento delle notizie false o bufale) , ma anche in Italia ci sono diverse piattaforme e alcune testate online hanno sezioni dedicate. Anche News Guard è un sito di fact-checking, che opera principalmente negli Stati Uniti, ma comprende anche una sezione italiana. News Guard mette un segno di spunta verde accanto alle URL di notizie, quelle delle testate più importanti o popolari. Il suo motto è legittimare l’informazione affidabile e per questo motivo tra i suoi dipendenti vi sono molti giornalisti. È sufficiente per stare tranquilli? No. Nessuno mette in dubbio la serietà di questa piattaforma, ma nessun fact-checker è infallibile.
Associazione non significa sempre causalità
Ad esempio, a settembre del 2019 JAMA ha pubblicato uno studio che analizzava solo dal punto di vista statistico (senza spiegare la correlazione causa-effetto) l’associazione tra il consumo di bevande zuccherate e la mortalità in dieci paesi europei (tra cui l’Italia). Molte testate (italiane e straniere) hanno però riportato i risultati della ricerca con grande enfasi, senza dare altrettanto risalto al fatto che si trattava solo di un’associazione statistica e che non era stata dimostrata la correlazione causa-effetto. NewsGuard ha messo il segno di spunta verde a tutti questi titoli. Non si tratta di bufale. Ma i risultati dello studio sono stati riportati senza essere stati letti o interpretati correttamente.


È una ricerca che si basa solo su analisi statistiche e che, cosa ancora più rilevante, mette in guardia dal consumo di bibite con dolcificanti rispetto a quelle zuccherate normalmente. Ma non tiene in considerazione gli altri aspetti a cominciar dallo stile di vita e dall’alimentazione che giocano un ruolo fondamentale.
Un articolo del New York Times ha poi spiegato bene come valutare questa pubblicazione ma è solo uno, nel mare di quelli che invece hanno messo titoli che confondono e allarmano.
Nel campo della salute il fact checking è quindi più insidioso: un articolo può essere corretto da un punto di vista fattuale, ma inutile (se non pericoloso) per i lettori se non viene spiegato nel modo giusto.
Anche il concetto di “fatto” come certezza granitica – che non si può distorcere o riportare in modo diverso – è una chimera. Anche i fatti possono essere manipolati, non da un punto di vista ontologico, ma nel modo in cui sono descritti e in funzione dell’obbiettivo per cui sono comunicati.
Come disse Mark Twain (e non solo): “Ci sono tre tipi di bugie: le bugie, le bugie sfacciate e le statistiche”. Questo per dire che i numeri possono affermare tutto e il contrario di tutto, non vanno presi per oro colato, ma valutati nel loro contesto e nella metodologia usata per ottenerli.
I preprint vanno comunicati con cautela
Anche le riviste scientifiche più prestigiose possono commettere errori e pubblicare studi che presentano problemi di metodologia e di merito, decidendo poi di ritirarli. È successo in passato e nel corso della pandemia è capitato più di una volta. Sul sito Retraction Watch potete vedere tutti i paper ritirati negli anni ed esiste anche un’apposita sezione che raccoglie le pubblicazioni sul coronavirus.
E poi ci sono i preprint, di cui abbiamo già parlato per l’uso eccessivo (autentico abuso) che se ne è fatto soprattutto nei primi mesi della pandemia da SARS-COV-2.
Se i preprint non sono nuovi per la comunità scientifica, la loro popolarità è tra i giornalisti soprattutto durante la pandemia di COVID-19. Ma prima di pubblicarne il contenuto occorre prestare attenzione a diversi aspetti, come l’impatto che possono avere sull’opinione pubblica. Dare per certa l’efficacia di un farmaco o di altre ipotesi scientifiche senza aver completato tutte le fasi delle sperimentazioni, e senza nessuna pubblicazione su almeno una rivista scientifica, può confondere e inquinare la corretta informazione, che rimane il dovere primario di ogni giornalista.
Un esempio emblematico sono stati due preprint realizzati in epoca COVID-19, in cui si assumeva che l’uso di nicotina potesse causare qualche effetto protettivo nei pazienti affetti da Sars-Cov2: questi preprint sono stati pubblicati su una piattaforma diversa, Qeios, che a differenza di quelle principali (Medrxiv e BiorVix) non metteva in evidenza che si trattasse di una pubblicazione non sottoposta a peer review e quindi non pubblicata su alcuna rivista scientifica.
Questi paper, come conferma lo studio della London School of Hygiene and Tropical Medicine che li ha analizzati, hanno usato un metodo e tratto conclusioni in modo scorretto: non hanno tenuto conto della letteratura scientifica che evidenza (senza dubbio) il ruolo nocivo della nicotina sulla salute e sono partiti da studi osservazionali molto limitati.
Oltre ad avere articoli poco solidi da un punto di vista scientifico, c’è il serio rischio che alcune di queste piattaforme veicolino paper con diversi interessi alle spalle. E quelli che potrebbero nascondersi dietro gli studi sull’impatto positivo della nicotina sul Covi-19 sono lampanti.
Per cui, noi giornalisti dobbiamo fare ancora più attenzione quando decidiamo di parlare di preprint: dobbiamo analizzarli da cima a fondo, valutare conflitti di interesse, valutare se è utile quello che propongono, contestualizzarlo e soprattutto spiegare al lettore che non si tratta di evidenze verificate, ma solo di ipotesi.
Questi chiarimenti, nel caso in esempio, non ci sono stati perché anche la stampa italiana si è buttata sulla notizia, senza spiegare che si trattava di ricerche non revisionate in peer review: scrivere che la ricerca è stata pubblicata su Qeios a un lettore medio potrebbe sembrare il nome della rivista scientifica, per quanto ne sa.
Questi preprint inoltre sono rimasti tali, non sono mai stati pubblicati su riviste scientifiche. Che valenza hanno quindi da un punto di vista medico? Nessuna. Anzi sono pericolosi perché sollevano l’ipotesi che la nicotina possa avere un qualche impatto benefico per la gestione del coronavirus. In Francia, in seguito a queste notizie, è stato necessario emanare un decreto ad hoc per controllare gli acquisti compulsivi di nicotina scatenatisi dopo la lettura di queste ricerche. Anche in Iran si sono verificati acquisti e aumento vertiginosi di fumatori.
Ricordiamoci che buona parte dei lettori online si ferma solo al titolo.

In generale, citare un preprint o un comunicato stampa in un articolo non è sbagliato. È sbagliato usarli come uniche fonti: citateli, ma cercate nella letteratura scientifica anche altri studi che confermino o critichino quanto esposto in queste fonti preliminari e chiedete opinioni ad altri esperti.
La cautela va usata anche con loro, gli esperti. A fronte di affermazioni che sembrano sbilanciate a favore o contro un dato farmaco (o ipotesi, terapia, cura, etc..) è sempre meglio avere un secondo parere, meglio se da un professionista di un diverso gruppo di ricerca.
Fonti
- Siti di Fact checking, AGCOM – agicom.it
- Facebook giving massive distribution to dangerous misinformation about diabetes, Judd Legum, Popular Information, settembre 2019 – popular.info
- Facebook fact-checking is becoming a political cudgel, Adi Robertson, The Verge, 2020 – theverge.com
- Association Between Soft Drink Consumption and Mortality in 10 European Countries, JAMA Internal Medicine, 2019 – jamanetwork.com
- Death by Diet Soda? Andrew Jacobs , New York times, 2019 – nytimes.com
- Fact-checking – by itself – is inherently flawed on health care topics, Gary Schwitzer – Health News Review, 2019 HealthNewsReview.org
- Miyara M et al, Qeios [Preprint] aprile 2020 – qeios.com
- A nicotinic hypothesis for COVID-19 with preventive and therapeutic implications, Miyara M et al, Qeios [Preprint] , aprile 2020 – qeios.com
- The Perils of Preprint, May CI van Schalkwyk et al, , Agosto 2020, https://doi.org/10.1136/bmj.m3111
- Studies that suggest smoking and nicotine protect against COVID-19 are flawed, Stopping Tobacco Organizations and Products, aprile 2020 – exposetobacco.org
- Gli studi di coorte, pro e contro, Elena Ricci, Sonia Cipriani, JHA – Journal of HIV and Ageing, marzo 2018 – DOI: 10.19198/JHA31446
- Il confondimento negli studi epidemiologici, Fabio Provenzano et al, Giornale Italiano di Nefrologia, 2010 – giornaleitalianodinefrologia.it
- L’interpretazione degli studi clinici – CoGiTO n. 1 – maggio 2015, FAD Giornalisti, Zadig – saepe.com
- Metodologia della ricerca 4 – Scelta del disegno, Prof. Paolo Chiari Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Università di Bologna,2014 – evidencebasednursing.it