Giornalismo, comunicazione e divulgazione in ambito medico
RISCHIO RELATIVO E RISCHIO ASSOLUTO: IMPARIAMO A LEGGERE LE RICERCHE
Studi, ricerche e articoli scientifici possono sembrare una realtà lontana, destinata solo a medici e ricercatori, tagliando fuori la popolazione generale. Come ci ha insegnato la pandemia da COVID-19, il mancato contatto con questo mondo può generare molta disinformazione e soprattutto mala-informazione, con conseguente mescolanza di verità e fake news. Sebbene la popolazione mondiale abbia cercato di saperne di più e di rimanere informata il risultato è stato solo quello di aumentare la confusione.
Il mondo della ricerca scientifica e tutti gli altri aspetti che vi ruotano attorno possono non risultare semplici; il rischio di bias (errori e distorsioni dei dati) è sempre molto alto poiché correlato al rispetto di regole ben precise. Altro ostacolo che si presenta lungo il cammino del cittadino medio riguarda anche la corretta interpretazione dei dati e delle informazioni presenti nell’articolo o nella ricerca scientifica che legge.
L’obiettivo di oggi è cominciare a rendere più chiari alcuni concetti, in modo da fornire gli strumenti necessari per interpretare in modo corretto alcuni aspetti del mondo scientifico.
Cos’è il rischio? Rischio relativo versus Rischio assoluto
Nel linguaggio comune per “rischio” si intende l’avverarsi di un evento negativo. Tuttavia, in campo statistico il termine viene usato per rappresentare la probabilità che un determinato evento accada, come ad esempio lo svilupparsi di una malattia. [2]
Esistono due tipi di rischio [1,2]:
Rischio assoluto (RA): esprime la probabilità che un evento si verifichi in una popolazione, in un determinato periodo di tempo. Proviamo a fare un esempio per rendere il concetto un po’ più chiaro. Se all’interno di un cantiere in cui lavorano 100 operai 30 di loro hanno la possibilità di avere mal di schiena alla fine della loro giornata lavorativa, è possibile affermare che il rischio assoluto di insorgenza di mal di schiena a fine giornata sarà pari al 30%.
Rischio relativo (RR): esprime la probabilità che in un gruppo di persone aventi determinate caratteristiche si sviluppi l’evento (gruppo A) rispetto a un altro gruppo con caratteristiche diverse (gruppo B). A differenza del rischio assoluto, in questo caso si avrà il confronto tra due popolazioni.
Riprendendo l’esempio fatto prima: nel cantiere ci sono 100 operai che tutte le mattine, prima di lavorare, praticano mezz’ora di esercizio fisico (Gruppo A) e altri 100 che non fanno nessuna attività fisica (Gruppo B). Dopo un anno si scopre che nel Gruppo A solo 8 persone hanno manifestato mal di schiena a fine giornata, mentre nel Gruppo B il numero è pari a 20.
Se dividiamo il numero degli operai con il mal di schiena del Gruppo A per quelli del Gruppo B (8/20) avremo un risultato di 0,40:
- Se il rischio relativo è uguale a 1 significa che il rischio di sviluppare mal di schiena sarà uguale in tutti i due gruppi di operai.
- Se il rischio relativo è superiore a 1 il rischio di sviluppare mal di schiena sarà più alto nel Gruppo A che faceva mezz’ora di esercizio fisico (dunque fare mezz’ora di esercizio fisico prima di lavorare è dannoso).
Se il rischio relativo (come nel nostro caso) è inferiore a 1 significa che il rischio di avere mal di schiena a fine giornata sarà più alto negli operai del Gruppo B (dunque fare esercizio fisico prima del lavoro ha dei benefici).[3]
Il rischio di sviluppare mal di schiena a fine giornata è pari al 40% (0,40) se non si fa mezz’ora di attività fisica prima di iniziare a lavorare.
IL PROBLEMA DELL’ANALFABETISMO STATISTICO
Sul luogo di lavoro 2 persone su 100 hanno la probabilità di rimanere ferite. A seguito di interventi di messa in sicurezza, il rischio assoluto di incidenti sul lavoro scende a 1 persona su 100. Considerando il rischio relativo di questi dati, a seguito di interventi di messa in sicurezza, si osserverà un aumento del 50% della sicurezza.
Se volessimo utilizzare questi dati per pubblicizzare il fatto che gli interventi fatti sono stati efficaci, saremmo ovviamente portati a scegliere la percentuale, in quanto numero più eclatante; in verità abbiamo solo evitato il ferimento di 1 persona in meno su 100.
Il rischio relativo in genere è espresso sotto forma di numeri più alti, spesso presentati sotto forma di percentuale. Sia il rischio assoluto, sia quello relativo sono meccanismi statistici validi, per non creare disinformazione è importante non fermarsi a leggerne solo uno, poiché i due tipi di rischio sono entrambi utili e si completano.
Quanto detto fino ad ora si collega al concetto di analfabetismo statistico, ovvero l’incapacità di capire e interpretare i dati e i numeri presenti negli studi.
Questo fenomeno può essere dannoso poiché il cittadino medio, il quale non ha le conoscenze statistiche basilari, affida le sue teorie e le sue convinzioni a ciò che legge in rete. L’analfabetismo, tuttavia, non sembra coinvolgere solo i cittadini bensì anche gli “addetti ai lavori”.
In un paper del 2013 [4] dal titolo: “Analfabetismo statistico negli specializzandi: ciò che non apprendono oggi danneggerà in futuro i loro pazienti”, è stata segnalata la sovrastima della probabilità di cancro al seno dopo l’esito positivo di una mammografia da parte di 95 clinici su 100. Questa interpretazione erronea ha avuto un impatto negativo sullo stato emotivo delle pazienti, le quali hanno ricevuto notizie sovrastimate, e ha causato un dispendio di tempo, energie e denaro dato dall’avvio di test di secondo livello e di cure inutili. Inoltre, sempre nel paper, viene citato uno studio in cui si dimostrava come i medici adottassero dei trattamenti “molto più efficaci” solo perché espressi sotto forma di rischio relativo, ad esempio:
“RR – un intervento medico comporta una diminuzione relativa del 34% nell’incidenza di infarto miocardico.”
Stesso intervento medico sotto un’altra prospettiva:
“RA – un intervento medico comporta una diminuzione assoluta dell’1,4% nell’incidenza di infarto miocardico.”
Questo fenomeno è stato messo ancora più in evidenza con una prova tangibile: uno studio clinico dedicato.
Forrow et. al [5] hanno utilizzato due questionari: uno sull’ipercolesterolemia e uno sull’ipertensione. È stato chiesto a dei medici di esprimere un giudizio riguardo alcune affermazioni, le quali riguardavano informazioni prese da studi pubblicati sulle due patologie. Tra le sei domande di ogni questionario, gli autori dello studio avevano inserito due domande che riportavano gli stessi identici dati espressi in modo diverso (rischio relativo e rischio assoluto). Dai risultati è emerso che una buona percentuale di medici ha risposto in modo uguale alle due domande, indipendentemente dai dati espressi sotto forma di rischio relativo o rischio assoluto. Tuttavia, c’è stata una percentuale di medici coinvolti, che ha nettamente espresso la sua preferenza nel trattare i pazienti quando i dati venivano espressi sottoforma di rischio relativo, nonostante le informazioni fossero statisticamente identiche nelle due domande.
Qual è la causa di tutto questo?
Questa problematica presenta diverse sfumature. Sebbene sia necessario migliorare la formazione medica, dallo studio di Forrow et al. non sono emerse differenze significative nelle risposte di medici che avevano frequentato un programma avanzato in epidemiologia clinica e altri metodi di ricerca e quelle di coloro che non lo avevano frequentato.
LA COLPA Ѐ SOLO DI CHI LEGGE E NON SA INTERPRETARE?
Sebbene il titolo possa sembrare provocatorio accade realmente che gli autori stessi o chi deve trarre profitto dai risultati di uno studio usino la statistica a loro vantaggio. Un esempio è riportato in questo articolo del The New York Times sull’interpretazione erronea di dati relativi al plasma. [6]
Anche i mezzi di informazione come pubblicità, campagne informative o annunci utilizzano i dati che arrivano dal mondo scientifico. Purtroppo non sempre questo viene fatto in maniera onesta. È il caso dei fattori di rischio di alcune patologie e delle cause di mortalità. Ad esempio fattori di rischio come gli agenti tossici, i prodotti di scarico dei veicoli a motore e l’uso illecito di droghe appaiono sovrastimati rispetto a quanto concorrono effettivamente all’instaurarsi di una malattia. O al contrario, fattori di rischio come l’uso del tabacco per le neoplasie maligne del polmone o la BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) vengono sottostimati [7]. Bisogna ricordare quale peso hanno le compagnie di tabacco in termini di budget pubblicitario e quanto questo influenzi i media. Ma i motivi possono essere altri e più disparati come la competizione per la visibilità o gli interessi commerciali.
Ciò che emerge è quindi una distorsione della realtà e una bassa percezione del rischio da parte dei consumatori e dei cittadini per il loro benessere. Ci sono dei meccanismi che non possiamo di certo cambiare e che non dipendono dalla nostra formazione o dal nostro modo di pensare. Ciò che possiamo fare nel nostro piccolo è cercare di informarci sempre tramite fonti autorevoli e soprattutto capire a fondo le informazioni e i dati con cui veniamo in contatto tutti i giorni.
BIBLIOGRAFIA
- https://www.iwh.on.ca/what-researchers-mean-by/absolute-and-relative-risk
- https://www.treccani.it/enciclopedia/rischio_%28Universo-del Corpo%29/#:~:text=In%20campo%20statistico%2C%20biomedico%20e,anche%20di%20tipo%20comport mentale%20°.
- Kirkwood BR, Sterne JAC. Essential Medical statistics, second edition, chapter 16 pg 148-164 & chapter 37 pg 447-457. Blackwell publishing second edition 2003
- Wegwarth O. Statistical illiteracy in residents: what they do not learn today will hurt their patients tomorrow. J Grad Med Educ. 2013 Jun;5(2):340-1. doi: 10.4300/JGME-D-13-00084.1. PMID: 24404287; PMCID: PMC3693708.
- Forrow L, Taylor WC, Arnold RM. Absolutely relative: how research results are summarized can affect treatment decisions. Am J Med. 1992 Feb;92(2):121-4. doi: 10.1016/0002-9343(92)90100-p. PMID: 1543193.
- https://www.nytimes.com/2020/08/24/health/fda-blood-plasma.html
- Frost K, Frank E, Maibach E. Relative risk in the news media: a quantification of misrepresentation. Am J Public Health. 1997 May;87(5):842-5. doi: 10.2105/ajph.87.5.842. PMID: 9184517; PMCID: PMC1381061.