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“La pazienza è fondamentale”: ci vorranno settimane per capire quanto sia pericoloso Omicron
Ci vuole pazienza, calma e gesso: solo test di laboratorio e modelli di diffusione mostreranno se le molte mutazioni della nuova variante SARS-CoV-2 sono una seria minaccia.

La mattina del 24 novembre, ore 7 e 30, Kristian Andersen, ricercatore di malattie infettive presso Scripps Research riceve un messaggio online da un collega amico: “Questa variante è completamente folle”. Andrew Rambaut dell’Università di Edimburgo commentò così una nuova sequenza del genoma di SARS-CoV-2 trovata in tre campioni raccolti in Botswana l’11 novembre e uno raccolto una settimana dopo in un viaggiatore dal Sudafrica a Hong Kong. Andersen guardò i dati e poi rispose: “Ho appena dato un’occhiata all’elenco delle mutazioni, da pazzi”. Stavano parlando di quella che ora è chiamata Omicron, l’ultima variante di preoccupazione. Variante che sembra aver raccolto dozzine di mutazioni, molte delle quali note per eludere l’immunità o aumentare la trasmissibilità, senza sequenze intermedie nel database di milioni di genomi virali. Il 23 novembre, dopo aver individuato le strane sequenze in un database globale, Tom Peacock, virologo dell’Imperial College di Londra, aveva già pubblicato il suo verdetto su GitHub: “Sì, potrebbe essere di reale preoccupazione”.
Una corsa contro il tempo
Ora i ricercatori di tutto il mondo stanno lavorando di notte e nei fine settimana per capire che cosa ha in serbo questo insieme di mutazioni del virus per l’umanità. E per rispondere ad alcuni quesiti chiave:
Omicron è più contagiosa?
Più mortale?
Riesce a infettare di nuovo le persone guarite?
Quanto elude l’immunità indotta dal vaccino?
E da dove viene?
Rispondere a questi quesiti richiederà tempo, avverte Jeremy Farrar, capo del Wellcome Trust: “Temo che la pazienza sia cruciale”.
I ricercatori in Sud Africa erano già sulle tracce di questa nuova variante. Diverse squadre stavano cercando in modo indipendente di capire perché i casi stavano aumentando a Gauteng, una provincia settentrionale che comprende Johannesburg e Pretoria. E un laboratorio privato chiamato Lancet aveva notato che i test di routine di reazione a catena della polimerasi (PCR) per SARS-CoV-2 non riuscivano a rilevare un bersaglio chiave, il gene S, in molti campioni, un fenomeno precedentemente visto con Alpha, un’altra variante di preoccupazione. Quando Lancet ha sequenziato otto di questi virus, hanno scoperto perché: il genoma era così pesantemente mutato che il test non identificava il gene S, quello della proteina Spike che è il grimaldello che il virus usa per entrare nelle cellule umane e infettare l’organismo.
“Scioccati dal numero di mutazioni”
Il laboratorio Lancet ha condiviso i genomi con la Rete per la sorveglianza genomica in Sud Africa (NGS-SA), che ha convocato una riunione urgente il 23 novembre. “Siamo rimasti scioccati dal numero di mutazioni”, afferma Tulio de Oliveira, virologo presso l’Università di KwaZulu-Natal e ricercatore principale di NGS-SA. Dopo l’incontro, dice de Oliveira, ha chiamato il direttore generale della salute del Sudafrica e “gli ha chiesto di informare il ministro e il presidente che stava emergendo una potenziale nuova variante”. Il team ha sequenziato altre 100 sequenze selezionate casualmente da Gauteng nelle successive 24 ore. Tutti hanno mostrato lo stesso schema. Dopo aver informato il governo, de Oliveira e i suoi colleghi hanno presentato le loro prove in una conferenza stampa la mattina del 25 novembre. Il 26 novembre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha designato il virus come una “variante di preoccupazione” e lo ha battezzato Omicron. (I nomi delle varianti seguono l’alfabeto greco, ma l’OMS ha saltato le lettere Nu e Xi “perché Nu è troppo facilmente confusa con ‘nuovo’ e Xi non è stato usato perché è un cognome comune”).
Uno dei motivi di preoccupazione per Omicron è che i campioni sequenziati indicano che ha rapidamente sostituito altre varianti in Sud Africa. I dati della PCR forniscono una copertura più ampia e una visione meno distorta, ma anche in questo caso indicano un rapido aumento di Omicron.
Ma l’aumento della frequenza potrebbe ancora essere dovuto in parte al caso. A San Diego, una serie di eventi di super diffusione in un’università ha provocato un’esplosione di un particolare ceppo di SARS-CoV-2 all’inizio di quest’anno, dice Andersen: “Erano migliaia di casi ed erano tutti lo stesso virus”. Ma il virus non era particolarmente più contagioso. Il Sudafrica ha visto relativamente pochi casi di recente, quindi una serie di eventi di super diffusione potrebbe aver portato al rapido aumento di Omicron. Sulla base di un confronto tra diversi genomi di Omicron, Andersen stima che il virus sia emerso intorno alla fine di settembre o all’inizio di ottobre, il che suggerisce che potrebbe diffondersi più lentamente di quanto sembri.
Un genoma “confuso”
L’altro motivo per essere preoccupati è il genoma “confuso” di Omicron. La sua proteina Spike, che si attacca alle cellule sui recettori umani, ha 30 differenze di aminoacidi da quella del virus originale di Wuhan, in Cina. Inoltre, gli aminoacidi sono scomparsi in tre punti e ne sono apparsi di nuovi in un unico posto. Anche altre proteine hanno subito cambiamenti. Molti dei cambiamenti in Spike sono intorno al dominio di legame del recettore, la parte della proteina che entra in contatto con la cellula umana. “Questo è molto preoccupante”, dice Farrar. La mappatura della biologia strutturale dello scorso anno ha mostrato che alcuni di questi cambiamenti hanno reso il virus molto più legato al recettore. “È difficile dire quanto un virus infettivo si basi solo sulle mutazioni – dice Aris Katzourakis, un biologo evoluzionista dell’Università di Oxford -. Ma se stessimo cercando mutazioni che influenzano la trasmissibilità, le abbiamo tutte”.
La sequenza suggerisce anche che il virus potrebbe eccellere nell’eludere gli anticorpi umani, afferma Jesse Bloom, un biologo evoluzionista presso il Fred Hutchinson Cancer Research Center. Il sistema immunitario umano produce una serie di anticorpi diversi che possono neutralizzare SARS-CoV-2, ma molti dei più importanti rientrano in tre categorie (chiamate semplicemente 1,2 e 3) che prendono di mira ciascuna un sito leggermente diverso sulla proteina Spike del virus. Una mutazione chiamata E484K è stata a lungo preoccupante perché cambia la forma del sito che gli anticorpi di classe 2 riconoscono, rendendoli meno potenti. Omicron porta una mutazione chiamata E484A in questo sito e cambiamenti simili nei siti per le altre due classi di anticorpi. Bloom pensa però che le persone guarite da COVID-19 o che sono state vaccinate è improbabile che perdano completamente la loro capacità di neutralizzare il virus. “Ma mi aspetterei, sulla base di questa particolare combinazione di mutazioni, che il calo della neutralizzazione di questa variante sia maggiore rispetto a tutte le altre varianti principali”.
Ci vuole pazienza e monitoraggio
Alex Sigal, ricercatore di malattie infettive presso l’Africa Health Research Institute, afferma di aver ricevuto tamponi con Omicron il 24 novembre e che ha iniziato a far crescere il virus. Ci vorranno una o due settimane per produrne abbastanza per testare i sieri di individui vaccinati e guariti. Altri ricercatori testeranno virus geneticamente modificati con la proteina spike di Omicron, un processo più rapido ma un pò più lontano da ciò che accade nella vita reale.
Mentre tali studi hanno luogo, è fondamentale monitorare da vicino eventuali cambiamenti nella pandemia, dice Farrar. Il virus è già stato rilevato in Belgio, Regno Unito, Olanda, Italia, Francia e Israele, sottolinea Farrar, e probabilmente si troverà anche altrove. Gli epidemiologi osserveranno anche i cambiamenti nella gravità della malattia: quante persone vengono ricoverate in ospedale e muoiono. Tutto ciò richiede tempo.
Intanto, l’Unione europea, gli Stati Uniti e molti altri Paesi hanno limitato i viaggi da e verso l’Africa meridionale nel tentativo di proteggersi. È improbabile che le restrizioni di viaggio fermino la variante, dice Farrar, ma possono far guadagnare tempo. Le restrizioni di viaggio hanno però un costo economico e sociale, che potrebbe essere un disincentivo a segnalare nuove varianti. Tali considerazioni, per fortuna, non hanno fermato i ricercatori sudafricani, dice de Oliveira. “La nostra speranza è che la nostra identificazione precoce aiuterà il mondo”.