Giornalismo, comunicazione e divulgazione in ambito medico
Studi, comunicati e preprint: che differenze ci sono?
Non tutte le fonti giornalistiche sono uguali, vediamo di capire quali sono quelle più importanti.
La pubblicazione scientifica
Si tratta di uno studio sottoposto a peer review, vale a dire revisione tra pari, cioè ricercatori come gli autori e le autrici che, in forma anonima e volontaria, revisionano la metodologia, il merito, la qualità delle analisi eseguite e dei dati presentati. Alla fine, se la revisione è positiva, l’articolo si pubblica sulla rivista.
Questi passaggi rendono lo studio una fonte autorevole in virtù di questo controllo tra pari. Ma anche in questo caso, occorre prestare la massima attenzione. Il fatto che le ricerche siano pubblicate su una rivista non dà a queste ultime autorevolezza in modo automatico.
Per le ricerche scientifiche dovete sapere che è più facile che siano pubblicate quelle che dimostrano l’efficacia di un farmaco rispetto a quelle che ne dimostrano l’inefficacia (chiamati anche “studi negativi”). Questa situazione ha un nome, si chiama bias di pubblicazione, e sfalsa il quadro delle informazioni sul farmaco: se tutti gli studi pubblicati dicono che il medicinale funziona e quelli che dicono l’opposto non sono invece reperibili, emerge subito chiaro che ciò che si dice di un farmaco non risponde completamente al vero.
Detto questo, c’è da considerare che anche le riviste più prestigiose possono commettere errori e pubblicare studi che presentano problemi di metodologia e di merito, decidendo poi di ritirarli.
Sul sito Retraction Watch potete vedere tutti i paper ritirati negli anni.
I giornalisti non possono prevedere se un articolo sarà ritirato. È pubblicato su una rivista e quindi cadiamo nell’automatismo di metterlo tra le nostre fonti, senza controllarlo adeguatamente. Non sempre le incongruenze saltano agli occhi, soprattutto ai nostri che non siamo né ricercatori né medici, ma ci possono essere degli elementi che fanno suonare un campanello d’allarme e ci spingono a fermarci, ad attendere l’evolversi della situazione prima di pubblicare i contenuti.
Come spiega bene il sito di giornalismo scientifico HealthNewsReview, esistono dei criteri che si possono seguire per capire se lo studio che abbiamo sottomano ha senso di essere citato nel nostro articolo (ritornerò sull’argomento nel capitolo “Come leggere un articolo scientifico”).
Questi gli elementi che non dovrebbero mai mancare, da riportare in modo approfondito o, se non è possibile, almeno menzionarli, quando si decide di parlare di uno studio scientifico su nuove cure. elementi a cui dovrebbe prestare attenzione anche un lettore attento:
- i benefici reali e il valore terapeutico aggiunto della cura che si sta sperimentando,
- le alternative esistenti,
- accessibilità al farmaco: specificare se la cura è già stata approvata dagli enti regolatori o se è ancora in sperimentazione e in quale fase si trova. O ancora, se è stata approvata solo in USA e non in Europa o viceversa (e spiegare perché),
- i costi di questa cura per il sistema sanitario (nel breve e nel lungo periodo),
- i potenziali effetti collaterali o eventi avversi,
- quale tipo di studio si tratta (osservazionale, clinico, su animali), se è un comunicato, una pubblicazione o un pre print e le varie limitazioni (ci sono in ogni studio, ma non sempre vengono riportate),
- le prove e le evidenze: illustrano casi singoli, si basano su aneddoti o prove più numerose?
- specificare se si parla di mere analisi e associazioni statistiche senza la spiegazione della causa-effetto,
- prestare attenzione alle pubblicazioni che promuovono il disease mongering: una strategia usata per indurre i cittadini a fare ricorso a farmaci (medicalizzazione) o attività di screening inutili, trasformando situazioni in patologie inesistenti o inventandosi nuove malattie,
- conflitti di interessi da parte degli autori: se ci fossero nello studio, andrebbero citati anche nell’articolo che lo riporta, così come i supporti cosiddetti incondizionati dalle case farmaceutiche.
Il comunicato stampa
Si tratta di una comunicazione realizzata da chi ha interesse a promuovere un prodotto, ricerca o risultato. Nel caso di sperimentazioni può essere realizzato anche da enti pubblici, ospedali, università, non solo realtà private.
Sono note stampa sempre positive, per questo motivo occorre prestare molta attenzione.
Non sono studi pubblicati su riviste, si parla di risultati non comprovati da altre analisi e confermati solo da coloro che vi hanno lavorato. Per farla breve, il comunicato stampa non è una fonte attendibile se volete parlare di risultati in ambito scientifico. Potete usarlo ma consci della valenza che ha. Fate sempre attenzione se sono messi in evidenza conflitti di interesse e finanziamenti incondizionati. E analizzate il linguaggio usato. Fare un semplice copia e incolla di un comunicato stampa non è fare giornalismo.
Drizzate le antenne se sentite o leggete termini come: scoperta, svolta fondamentale, miracolo, cambia le regole del gioco, è un semplice test del sangue, è il primo di questo genere, è la cura definitiva. E sensazionalismi simili.
Il comunicato può anche riportare notizie esatte, ma i giornalisti non devono diventarne un semplice megafono. Scriviamo di questa notizia costruendo un pezzo in cui citiamo anche studi e risultati simili e intervistiamo esperti di studi diversi. Altrimenti non è giornalismo, è churnalism.
Preprint
I manoscritti non ancora pubblicati su riviste di settore si chiamano preprint, e rispecchiano una tradizione scientifica tutta particolare, fondata sulla condivisione dei risultati di uno studio tra ricercatori, prima della sottomissione del documento a una rivista: una sorta di richiesta di opinioni, di volontà di tastare il terreno e prendere le misure prima di richiedere la revisione ufficiale. Molto spesso, questi studi vengono pubblicati su siti dedicati in cui altri ricercatori possono lasciare commenti, in una sorta di revisione tra pari della comunità. Le due principali piattaforme di preprint ad oggi sono MedRxiv, lanciato nel 2019 e BioRxiv lanciato nel 2013. Esistono anche archivi simili per altre aree disciplinari (ad esempio ChemRxiv, Psyarxiv, etc.).
Se i preprint non sono nuovi per la comunità scientifica, la loro popolarità è cresciuta tra i giornalisti soprattutto durante la pandemia di COVID-19. Ma prima di pubblicarne il contenuto, occorre prestare attenzione a diversi aspetti, come l’impatto che possono avere sull’opinione pubblica. Dare per certa l’efficacia di un farmaco o di altre ipotesi scientifiche senza aver completato tutte le fasi delle sperimentazioni, e senza nessuna pubblicazione su almeno una rivista scientifica, può confondere e inquinare la corretta informazione, che rimane il dovere primario di ogni giornalista.