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Tumore all’ovaio: perché insorge e come si può curare
Il tumore all’ovaio è un tumore ginecologico causato dalla proliferazione incontrollata delle cellule dell’ovaio, delle tube di Falloppio e del peritoneo.
In base alla cellula dalla quale traggono origine, i tumori maligni dell’ovaio vengono classificati in tumori epiteliali, tumori germinali e tumori stromali.
I primi traggono origine dalle cellule epiteliali, che fanno da rivestimento della superficie ovarica e delle tube di Falloppio e del peritoneo. Rappresentano il 90% delle neoplasie ovariche maligne, tra le quali il sottotipo più frequente è quello sieroso di alto grado (70-80% delle neoplasie epiteliali).
Le neoplasie germinali sono invece cellule che producono gli ovuli, che fanno il loro esordio in età giovanile e producono una maggiore quantità di marcatori tumorali rispetto agli altri. Sono a crescita rapida, originano dalle cellule germinali primitive della gonade embrionale e rappresentano il 5% dei tumori dell’ovaio.
I tumori stromali originano dallo stroma, il tessuto strutturale dell’ovaio, nel quale vengono prodotti gli ormoni femminili, e rappresentano circa l’1% di tutti i tumori ovarici.
Un big killer
Non essendoci strumenti di diagnosi precise, il tumore all’ovaio si manifesta nell’80% dei casi in fase avanzata ( III e IV stadio) e per questo viene chiamato “big killer”. Benché sia annoverato tra i tumori rari, ha un’incidenza di circa 6000 casi l’anno. Inoltre i sintomi associati sono aspecifici, attribuibili ad alterazioni benigne di altri organi, e quindi poco riconoscibili.
Sono circa 50.000 in Italia le donne che convivono con questo tumore, che può colpire tutte le donne, in particolare quelle che presentano una certa familiarità con esso, ovvero quelle che hanno una maggiore predisposizione ereditaria.
MEDORA ha intervistato diverse pazienti con questo tumore, potete trovare le interviste a questo link.
I sintomi del tumore all’ovaio
Il tumore ovarico, soprattutto nella fase iniziale, non presenta alcun sintomo specifico.
È importante dunque tenere costantemente sotto controllo segnali che rimandano ad altre patologie meno gravi, ma che non vanno mai presi sotto gamba, soprattutto se si protraggono nel tempo.
I segnali d’allarme a cui prestare attenzione sono:
- sensazione di sazietà a stomaco vuoto
- perdite ematiche vaginali
- mutamenti nelle abitudini intestinali (stitichezza gonfiore persistente dell’addome;
- fitte addominali
- bisogno frequente di urinare
- inappetenza
- o diarrea)
Se questi sintomi si presentano insieme, per più giorni consecutivi (12-15 giorni al mese o più) e per più di due o tre mesi consecutivi, è opportuno parlarne con il ginecologo.
Come si previene il tumore all’ovaio
Pur non essendoci strumenti di screening, per la prevenzione ( e la diagnosi precoce) della malattia è essenziale che la stessa venga diagnosticata con tempestività.
Prevenire l’insorgenza della malattia è, dunque, una prerogativa affidata esclusivamente alla conoscenza di quelli che sono i suoi principali fattori di rischio, tra i quali ricordiamo:
- l’obesità
- la lunghezza del periodo ovulatorio
- un menarca (prima mestruazione) precoce e/o una menopausa tardiva
- non aver avuto figli.
Di contro, l’aver avuto più figli, l’allattamento al seno e l’uso a lungo termine di contraccettivi estroprogestinici diminuiscono il rischio d’insorgenza del tumore dell’ovaio e sono quindi fattori di protezione.
Esiste però un altro fattore di rischio importante: le mutazioni ereditarie nei geni BRCA1 e BRCA2. Secondo i dati della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), una percentuale compresa tra il 6 e il 30% per cento circa dei tumori maligni dell’ovaio presenta una mutazione in tali geni. La conoscenza della mutazione di questi geni permette la possibilità di offrire uno strumento di prevenzione primaria che consiste nell’asportazione di ovaie e tube.
Come diagnosticare il tumore all’ovaio
Il tumore ovarico è difficile da diagnosticare, in quanto non ha sintomi precisi, che sono peraltro comuni ad altre patologie (come la sindrome del colon irritabile). Per tale motivo, in circa l’80% delle pazienti la diagnosi viene effettuata in ritardo quando ormai il tumore è già in stadio avanzato (stadio III o IV). La prima cosa da fare quando si hanno sintomi ricorrenti è rivolgersi immediatamente al proprio ginecologo, o ancor meglio, se se ne ha la possibilità, interpellare un professionista di un centro specializzato, in maniera tale da poter arrivare in breve tempo ad una diagnosi.
Visita medica e ginecologica
Ad una prima visita medica durante la quale vengono eseguite indagini di routine, ne fa seguito una ginecologica e, dopo aver esaminato l’evoluzione dei sintomi, si procede con il verificare la presenza di masse nella zona pelvica e di alterazioni della regolarità intestinale, oltre che del dolore o senso di pesantezza all’addome.
Esami ecografici e valutazione dei marcatori tumorali
L’ecografia pelvica transvaginale, che serve ad esaminare il sistema riproduttivo femminile nella sua totalità, contestualmente al dosaggio del marcatore tumorale CA125, la cui valutazione viene fatta mediante un semplice prelievo di sangue, sono tecniche diagnostiche molto valide. Il PAP test per questa tipologia di neoplasia non ha invece alcuna validità diagnostica.
Altri esami strumentali
L’esecuzione di una TAC del torace-addome e pelvica con mezzo di contrasto, di una risonanza magnetica o di una pet, consentono di confermare il sospetto di neoplasia ovarica, nonché di valutare quanto questa sia estesa.
Come si cura il tumore all’ovaio
Il trattamento chirurgico è uno step cruciale nella lotta a questa neoplasia, sia negli stadi iniziali sia nelle fasi di diagnosi più avanzata a cui fanno seguito gli step della chemioterapia, che può essere effettuata prima o dopo l’intervento chirurgico, e l’assunzione di farmaci innovativi.
Vi è poi il trattamento psicologico che mira ad aiutare la paziente ad affrontare al meglio la malattia, cercando di migliorarne la qualità di vita.
Le possibilità di sopravvivenza di chi è stato sottoposto ad una asportazione totale del tumore aumenta di 40 mesi, rispetto a chi ha invece subito quella parziale.
L’intervento chirurgico
A seconda dei casi, dell’età della paziente e dello stadio della malattia, si possono fare degli interventi più o meno invasivi.
La chirurgia conservativa può essere praticata solamente in determinate circostanze, ad esempio quando le donne sono ancora fertili. In tal caso, è possibile anche far uso di tecniche mini-invasive come la chirurgia robotica e la laparoscopia, la quale può avere un piccolo aumento del rischio di recidive rispetto alla chirurgia radicale.
La citoriduzione è la rimozione chirurgica che consente di asportare una massa tumorale nella maniera più estesa possibile e si distingue in:
- citoriduzione primaria, che mira all’asportazione totale di tutto ciò che è visibile, solitamente viene effettuata nei casi in cui la malattia si è già estesa nella pelvi, cintura pelvica o bacino, e nella cavità addominale;
- citoriduzione d’intervallo, che si effettua dopo il trattamento chemioterapico;
- citoriduzione secondaria, per le donne che sono invece già state operate di citoriduzione e presentano delle recidive.
La terapia chirurgica ha un ruolo altrettanto importante per la cura della malattia allo stadio iniziale, e permette inoltre di “personalizzare” il trattamento, tenendo conto dell’età, della diffusione della malattia e del desiderio di maternità della paziente.
La terapia farmacologica per il tumore all’ovaio
Il trattamento farmacologico cardine nella cura di questa patologia è la chemioterapia a cui negli ultimi anni si sono affiancate terapia innovative a bersaglio molecolare come farmaci anti angiogenici e inibitori dell’enzima PARP che hanno aumentato in maniera drastica l’efficacia terapeutica e le sopravvivenze libere dalla recidiva.
Terapia anti-angiogenica
È una terapia che inibisce la cellula che esprime il VEGF, responsabile della crescita incontrollata dei vasi sanguigni prodotti dal tumore, aggredendo la malattia.
Terapie a bersaglio molecolare
Si tratta di una terapia innovativa, cosiddetta degli inibitori PARP, che consiste nell’annullamento dei meccanismi di riparazione del DNA nelle cellule neoplastiche con la conseguente morte delle cellule tumorali.
Tutte terapie di mantenimento, che hanno come finalità comune non soltanto quella di garantire alle pazienti una buona qualità di vita, quanto quella di ridurre al massimo il pericolo di recidive, un rischio che le statistiche danno al 90% dei casi.
L’intervento psicologico
L’intervento psicologico, in un percorso di patologia oncologica, riveste un importante ruolo al pari di quello chirurgico e farmacologico.
Un supporto psicologico, che può espletarsi attraverso sedute individuali o di gruppo, anche mediante tecniche di rilassamento muscolare e tecniche di respirazione, può aiutare la paziente a superare il proprio senso di solitudine che spesso si presenta già al momento della diagnosi,
La qualità di vita delle donne con tumore ovarico oggi
Le nuove terapie consentono alle donne colpite da questa malattia non solo di sopravvivere più a lungo, ma anche di avere un migliore decorso della stessa.
È per questo che, oltre alle terapie convenzionali, si punta l’attenzione sull’alimentazione, sull’attività fisica, di rilassamento, di respirazione e di concentrazione, associate all’esecuzione di tecniche di meditazione e mindfulness o di consapevolezza di sé, dei propri pensieri e delle proprie emozioni, come lo yoga ed altre attività dolci.
Tutte “cure oltre le cure” che integrano il percorso terapeutico tradizionale, favorendone i risultati, agendo sensibilmente sull’ansia e sullo stress, per una migliore qualità di vita, influendo inoltre positivamente sull’umore delle pazienti.
Ci sono inoltre associazione, come ACTO Onlus, nate per dare sostegno, formazione e ascolto alle donne colpite da neoplasie ginecologiche.
Articolo realizzato in collaborazione con la dottoressa Roberta Di Rocco, Oncologa in Ginecologia Oncologica e Tumori eredo familiari.
Fonti:

Mirella Madeo
Avvocato e giornalista pubblicista, disabile. Ho 48 anni e vivo a Ravenna. Ho scritto a lungo presso Il Lametino, mensile della città di mia residenza, curando una rubrica di natura legale, collaborando successivamente con diversi periodici del ravennate. Sono entusiasta della mia professione, che è la mia grande passione e per me anche motivo di riscatto per tutto ciò di cui la vita mi ha privata. L’arte e la letteratura catturano da sempre la mia anima e la mia mente.